LA NASCITA DELL’ASSOCIAZIONE
In quell’appartamento di via Roma 173, in un palazzo simbolo della borghesia cagliaritana degli anni trenta, che con coraggio spostava il centro della città dalle anguste strade del “Castello” verso gli orizzonti del mare, si svolsero gli avvenimenti più importanti che dovevano segnare la vita del giornalismo sardo.
Fu, infatti, in quell’appartamento dell’austero edificio che, dopo una breve esperienza di homeless (ossia di recapiti provvisori presso la redazione de L’Unione Sarda e di altre disponibili persone) che iniziò ad operare, nei primi mesi del 1961, l’Associazione della Stampa Sarda, più propriamente il sindacato dei giornalisti sardi finalmente costituito nella sua autonomia operativa dopo anni di frustranti e non sempre esaltanti attese.
Può sembrare oggi retorica affermare che quel luogo e quel tempo abbiano un valore “storico”, e forse può anche non essere così, ma di certo fu l’inizio entusiasmante di un cammino che, di fatto, vedeva realizzate le speranze di tanti valorosi colleghi, molti dei quali oggi non sono più. Di lì a qualche anno, inoltre, la prima elezione del Consiglio regionale dei giornalisti concretizzava lotte e aspirazioni che il giornalismo italiano aveva alimentato all’indomani della guerra e della caduta del fascismo, quando divenne impellente regolamentare con leggi democratiche la professione e la tenuta dell’Albo, oltre che la deontologia degli operatori dell’informazione.
Non fu senza fatica che il traguardo della nascita del sindacato dei giornalisti sardi venne raggiunto.
La nascita ufficiale è sancita da un atto notarile del 26 giugno 1960 allorquando, nell’aula consiliare del Comune di Cagliari, trentanove partecipanti, professionisti e pubblicisti, diedero vita all’Associazione della Stampa Sarda procedendo, contestualemente, all’elezione del primo consiglio direttivo presieduto da Aldo Cesaraccio. A voler ricordare uno per uno i nomi di quei 39 colleghi, fanno velo malinconia e rimpianto, perché molti di loro sono scomparsi dalla scena della vita e, comunque, il ricordo degli entusiasmi giovanili genera sempre tristezza.
Ma la nascita dell’Associazione non fu il sorgere di un semplice sodalizio sancito da un rogito curiale; fu la conclusione di un lungo e difficile cammino punteggiato da contrasti da parte di alcune Associazioni di Stampa e, cosa forse meno nota, anche da risibile diatribe interne di carattere campanilistico.
I giornalisti sardi, prima della conquista della loro autonomia sindacale (non va dimenticato che la Sardegna è Regione autonoma, per legge costituzionale dello Stato dal 1949) facevano parte insieme ai colleghi dell’Umbria e dell’Abruzzo-Molise, della grande famiglia dell’Associazione della Stampa Romana che, in verità, non ostacolò, anzi favorì, l’aspirazione di autogestione dei sardi.
I rappresentanti del giornalismo isolano, che in risicata quota della “Romana” parteciparono ai vari congressi della Fnsi, non mancarono, tuttavia, di porre con insistenza il problema dell’autonomia; voci deboli (nonostante anche alcuni interventi di parlamentari sardi) in quanto prive di potere contrattuale in termini di voti congressuali, ma certamente voci insistenti, tanto è vero che la questione venne finalmente posta in termini ufficiali nel corso dei lavori del VII congresso nazionale di Milano-Gardone Riviera, aperto il 2 ottobre 1958, alla “Piccola Scala” di Milano, alla presenza del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi.
Fu il consigliere delegato della Fnsi, Leonardo Azzarita, a porre in modo concreto – nel corso della rituale relazione introduttiva – la questione della costituzione delle nuove associazioni regionali di stampa.
“Le richieste avanzate, qualcuna anche clamorosamente con interventi sulla stampa di provincia e con interpellanze alla Camera dei Deputati – disse Azzarita – riguardano la costituzione di una nuova associazione regionale della Stampa per la Calabria e di una associazione regionale della Stampa per la Sardegna”.
Sottolineato che la Federazione non intendeva ostacolare la nascita di nuovi organismi, ma anzi favorire il processo autonomistico al fine di smembrare le mega-associazioni (tali erano, oltre la “Romana”, quella “Napoletana”, la “Interregionale” di Bari, la “Emiliana” e il sindacato Triveneto), il consigliere delegato della Fnsi spiegò il perché non si fosse verificato questo processo. La risposta “irrefutabile” che egli fornì fu di certo deludente: “Non esistono in queste regioni gruppi di giornalisti professionisti che possano costituire, in certo senso la leadership delle Associazioni regionali”.
La situazione si presenta decisamente negativa per la Calabria (“che nelle sue città ha accolto e espresso in certi periodi storici la luce di intelletti superiori che si è irradiata nel nostro paese e nel mondo”) a causa della scarsità di giornalisti professionisti (“si contano appena sulle dita di una mano e non sono sempre giornalisti al cento per cento”) contro una platea di pubblicisti (“… provenienti dalle professioni liberali”).
Diverso il caso della Sardegna. “Diciamo subito a proposito della associazione della Stampa della Sardegna – sono ancora parole di Azzarita – che noi siamo completamente favorevoli alla costituzione, ma aggiungiamo che avremmo desiderato che non fosse stata soltanto l’Associazione della Stampa Romana a promuovere la costituzione della nuova Associazione regionale, ma fossero stati anche i professionisti e i pubblicisti sardi a portare alla ribalta di questo congresso, com’è nel loro diritto e nel loro dovere, la questione”.
Le parole del rappresentante della Fnsi potrebbero apparire oscure ma hanno una spiegazione con un episodio che forse non è noto a molti.
Era, cioè, accaduto che nel luglio del 1952, l’allora presidente della Federazione, on. Vittorio Emanuele Orlando, avesse incaricato il segretario della “Romana” del tempo, Cesare Ugolini, di recarsi in Sardegna “per portarvi un messaggio federale e presiedere la assemblea sarda per la costituzione della nuova Associazione di Stampa”. Ma Ugolini, nonostante fosse tutto stato predisposto, compresa la prenotazione dell’aereo, dovette annullare il viaggio perché “…fu disdetto dagli interessati – precisò Azzarita – cioè dai giornalisti sardi, il convegno già fissato per domenica 20 luglio 1952″. Che era accaduto? Secondo quanto riferito da Azzarita nella sua relazione, i colleghi della Sardegna ” … non si erano trovati più d’accordo per la costituzione dell’Associazione stessa, e ci giunsero notizie successive di un disaccordo irriconciliabile per la scelta della città sede dell’associazione costituenda: Cagliari o Sassari?
Sull’irriconciliabile dilemma si spaccò la categoria e purtroppo occorsero diversi anni perché la frattura “ideologico-campanilistica” si ricomponesse. Vero è che, in realtà, i giornalisti sardi erano cresciuti di numero giacché nel 1958 risultavano iscritti all’Albo, tenuto dalla Commissione Unica: professionisti n. 29, di cui 19 a Cagliari e 10 a Sassari; praticanti n. 4, di cui 2 a Cagliari e 2 a Sassari; pubblicisti n. 44, di cui 16 a Cagliari, 20 a Sassari e 8 a Nuoro. A questi si aggiugevano gli iscritti all’Elenco Temporaneo dei pubblicisti e dell’elenco Speciale per un totale di 88 giornalisti” … che potrebbero dar vita e consentire una notevole attività sindacale, professionale, culturale etc., all’Associazione della Stampa Sarda”.
Il VII congresso nazionale accolse le richieste dei sardi e con un voto solenne auspicò la nascita dell’Associazione; fu nell’agosto 1960, a cose ormai fatte, lo stesso consigliere delegato Azzarita a darne notizia al Consiglio nazionale che ne prese atto “con soddisfazione”. Fu però il IX Congresso nazionale del 13 maggio 1964, aperto a Cagliari, a sancire l’ingresso del sindacato sardo negli organi della Fnsi: Consiglio direttivo (Aldo Cesaraccio) e Consiglio nazionale, (oltre Cesaraccio, Vittorino Fiori; Lucio Artizzu, per i pubblicisti). In quell’appartamento di via Roma 173 di Cagliari – di cui si diceva all’inizio – ebbe luogo un altro fatto di grande significato.
Il commissario unico per la tenuta dell’Albo, Regolo Scodro, giunto da Roma nel 1962, consegno al presidente del sub Comitato sardo, Franco Porru, i fascicoli dei giornalisti sardi depositati negli archivi della capitale, consentendo, così, al nuovo organo provvisorio, di poter procedere – per la prima volta – all’iscrizione dei nuovi giornalisti. Era l’avvio di un processo che preludeva alla nascita dell’Ordine nazionale, scaturito dalla legge n. 69 del 1963.
La vitalità e la retta operosità di questi due fondamentali presidi del giornalismo isolano aggiungono valore e significato alla scelta decisiva che quei trentanove convenuti nella sala del Municipio di Cagliari avevano compiuto la mattina di un giugno di trentasei anni fa.